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Cinefobie intervista Veruschka

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Blow-Up su Veruschka

In occasione della 26a edizione del Torino GLBT Film Festival “Da Sodoma a Hollywood”, abbiamo avuto il privilegio d’incontrare e intervistare Veruschka, divenuta famosa nel 1966 per aver interpretato la scena più celebre del film Blow-Up di Michelangelo Antonioni.

Veruschka a Torino per il GLBT Film Festival

“Ho iniziato tutto in Italia” esordisce lei in un correttissimo italiano, marcato da una evidente cadenza tedesca. “E’ il mio paese d’adozione.”

“Sono molto legata a questo paese perché è grazie ad artisti come Ugo Mulas e Michelangelo Antonioni se ora sono qua. Ho vissuto molto tempo in Italia e ho lavorato per anni a stretto contatto con Franco Rubartelli.

Ecco perché sono venuta qui ospite al GLBT Film Festival, sperando che la mia presenza possa dare prestigio a questa rassegna e alla sua tematica, che qui trova ancora troppo poco spazio.”

Della collaborazione con Michelangelo Antonioni, Veruschka parla molto volentieri.

“Ricordo d’essere stata notata da Antonioni e invitata a Londra per parlare di una parte in un suo film. Ho accettato subito! Anche se non ricordo se sia stata pagata o meno…” afferma scoppiando in una breve risata “D’altronde non era ciò che mi interessava. Quello era veramente l’aspetto meno importante per me”.

Che ricordo ha di Antonioni?

“Lui era sempre nel suo mondo. Parlava molto poco e quando diceva qualcosa era molto importante.

In compenso c’ero io a parlare tutto il tempo!”

Dopo Antonioni, la collaborazione con Carmelo Bene. Che esperienza è stata?

“Quando venni contattata da Carmelo Bene, io non lo conoscevo mentre lui mi conosceva solo tramite alcune fotografie.

C’incontrammo e accettai la parte per Salomè, ma ci furono delle difficoltà. Lui pretendeva che io portassi delle lenti a contatto nere, ma io non le sopportavo e dovette rinunciare. Poi girammo un cortometraggio, tratto da qualcosa che non ricordo di Oscar Wilde, e infine mi disse “Per andare avanti dobbiamo vivere assieme.”. Io all’epoca ero molto innamorata del mio ragazzo e non volevo andare a vivere con un altro.

Lui la prese male e interruppe la nostra collaborazione girando poche scene per Salomé rispetto a quelle che aveva pensato.

E’ andata così, forse è un peccato, avrei voluto approfondire un po’ il rapporto artistico, ma a me non importava della sua pazzia.”

Lei ha lavorato anche con altri artisti molto importanti: Andy Warhol e Salvador Dalì. Come ha convissuto con le loro follie?

“A dir la verità c’è anche Richard Avedon al quale sono stata molto legata. Con lui c’era un rapporto amichevole e abbiamo creato qualcosa di veramente unico assieme.

Con Warhol invece non ero molto in confidenza. Mi diceva sempre le solite frasi…

Su Dalì preferirei non dire nulla. A ottobre esce la mia biografia “Veruschka: mein Leben” e vorrei venderne qualche copia!”

A un certo punto della sua carriera ha deciso di allontanarsi dalle scene della moda per dedicarsi ad altri progetti artistici più personali. Cosa l’ha spinta a fare questo passo?

“Fare la modella era come vendere l’arte, e sentivo di non poter andare avanti così. Ho deciso quindi di prendere alcuni miei amici fotografi e non solo, e siamo andati in giro per il mondo, molto in Africa, e abbiamo sviluppato vari progetti. La fotografia di moda artistica, per esempio, è stata molto importante. Ero molto in anticipo sui tempi, e lo dimostra il fatto che oggi vengo apprezzata anche dalle ragazzine. Non ho mai voluto essere una ragazza appendiabiti e nemmeno ho mai voluto costruire un personaggio unico che mi identificasse, come adesso fanno le varie Kate Moss e Claudia Schiffer. Ho sempre preferito essere una zigana della personalità. Cambiare, trasformarsi. Uomini, Donne. E così anche tramite la fotografia. Nei nostri viaggi non c’era nessuno stilista, ma avevamo con noi la nostra creatività.”

Il suo progetto fotografico più importante è forse quello nel quale il suo corpo viene dipinto in modo che si mimetizzi perfettamente con lo sfondo retrostante. Che cosa significa per lei “mimesi”?

“Oh, una bella domanda intellettuale…!

Quello è un progetto che non ha nulla a che fare con la moda. E’ iniziato tutto a Roma, ero su una terrazza e a un certo punto ho pensato “Voglio diventare come le pietre di questa terrazza”. E così feci. Alcune cose simili sono documentate anche nel film che Rubartelli mi dedicò nel ’71.

Quelle foto sono state molto importanti, hanno cambiato il modo di vedere la posa fotografica.

L’individuo non aveva più alcuna importanza. A quel punto non esisteva più alcuna Veruschka.”

Veruschka a Torino per il GLBT Film Festival

Finisce qui il nostro piacevolissimo incontro con la disponibile e ancora bella artista tedesca.

Stasera alle 20.40 ha presenziato nella Sala Tre del Cinema Massimo alla proiezione di “Veruschka – Die Inszenierung (m)eines Körpers”, film documentario a lei dedicato nel 2005 diretto da Paul Morrisey, mentre domani sera sarà l’ospite d’onore alla premiazione del Torino GLBT Film Festival.

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Danilo Cardone



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